Transnazionalismo e alimentazione

Di Juan Velasquez Quispe (traduzione Francesco Tarantino)

Juan Velásquez, instancabile organizzatore di iniziative sociali ed economiche transnazionali, è tornato a vivere in America Latina dopo alcuni anni in Italia. Ci ha mandato un testo che, in poche e fresche righe, parla di identità, ritorno e appartenenza meglio di tanti saggi. Lo pubblichiamo con grande piacere.

Juan Velásquez Quispe è laureato in Diritto e Scienze Politiche. Ha conseguito il Master in Politiche di Incontro e Mediazione Culturale presso l’Università Roma Tre. Dal 2004 al 2006 è stato presidente del Coordinamento dei Professionisti Peruviani e Andini in Italia (Coordinadora de Profesionales Peruanos y Andinos en Italia). Nel 2007 e 2008 è stato promotore della campagna “Juntos por los Andes” che ha riunito 23 associazioni di immigrati di Perú, Ecuador, Colombia e Bolivia in sostegno di bambini in situazione di povertà nei quattro paesi. Attualmente è presidente dell’Associazione ACOFAPE, associazione con sede a Lima (Perú) che raccoglie le famiglie di migranti peruviani e migranti di ritorno. Collabora inoltre con l’Associazione di Familiari di Migranti del Mercosur (FAMISUR) con sede a Montevideo (Uruguay).

 

Non erano passate nemmeno due settimane dall’aver lasciato l’Italia nel 2011 che già sentivamo la mancanza della sua gastronomia. Iniziammo così a fare confronti e a lamentarci di quanto fosse buono quello che avevamo lasciato e diverso da quello di cui dovevamo accontentarci. Per non ferire suscettibilità, stavamo comunque attenti a non esagerare con i commenti positivi sulla qualità dell’alimentazione mediterranea , a cui avevamo rinunciato definitivamente con il nostro ritorno in Sud America.

Fu così che abbiamo aggiunto sulla nostra tavolta alcuni retaggi delle nostre abitudini in Italia, come l’olio di oliva extra vergine locale, pasta ma solo di grano duro, formaggi di qualità, insalata mista fresca che ci siamo imposti di coltivare nel nostro orto personale uruguayano, insieme a ottimi pomodori di stagione e melanzane sugose. Quasi istintivamente il nostro palato ci chiedeva di mangiare “all’italiana” e abbiamo finito per contagiare i nostri vicini che hanno cominciato a provare la quotidianità della cultura gastronomica del bel paese.

Ma non è tutto quì, tutta questa grande nostalgia del “buon mangiare” andò oltre il nostro recente passato fino ad arrivare più in là, quando durante la mia infanzia i miei genitori mi davano da bere saporite bibite di quinoa o stufati con erbe e condimenti originari del Perú. Quando da bambini preparavamo quasi giocando i nostri succhi di frutta mista o avevamo la tendenza di consumare in mille forme diverse il pesce che ci faceva venire l’acquolina in bocca. Era il tempo in cui l’attuale boom della gastronomia peruviana era difficile da immaginare.

Un giorno, dopo il nostro ritorno oltre Atlantico, mia moglie mi disse, “perchè non sperimentiamo le cose migliori e le inseriamo nella nostra dieta?”, così abbiamo utilizzato le nostre esperienze e i nostri ricordi per mescolare alimenti e mangiare pane “all’italiana” con farina di quinoa , colazioni di avena arricchita con prodotti andini come la maca e la kiwicha , o l’uso della cañihua nelle nostre frittate. Questa ricchezza che deriva dall’essere una famiglia transnazionale, con molta influenza italiana, peruviana e uruguayana, ci porta verso sentieri innovativi. Ci ha fornito, inoltre, un’ispirazione culinaria che può proporre un miglioramento della qualità dell’alimentazione nel nostro ambiente.

Avendo compreso tutto ciò, e con l’appoggio della nostra associazione FAMISUR, ci troviamo oggi in piena diffusione di un grano andino meraviglioso come la quinoa, di cui si è celebrato nel 2013 l’anno internazionale, dichiarato dalla FAO e dall’Assemblea delle Nazioni Unite. Questo grano umile, quasi dimenticato per secoli e conservato clandestinamente dalle popolazioni andine, è oggi riconosciuto come un’alternativa concreta per una sana alimentazione mondiale ed è segnalato dai nutrizionisti come l’alimento ideale per l’essere umano.
C’è però bisogno di insegnare a cucinarlo ed è questo che ci proponiamo di fare quest’anno e il prossimo, nel tentativo di ampliare gli orizzonti gastronomici del paese dove viviamo e dove crescono i nostri figli, ovvero l’Uruguay.

Lo stesso fanno o potrebbero fare migliaia di migranti che come noi ritornano alle loro terre di origine. Portano con sè un ricco bagaglio di esperienze, una cultura arricchita e pronta per essere diffusa e utilizzata in un contesto sempre più globale, che deve però radicarsi localmente per innescare il meglio di questa nuova tappa che l’Umanità ha appena iniziato a vivere.

famisur

Juan Velásquez, organizador incansable de iniciativas sociales y economicas transnacionales, ha vuelto a vivir a America Latina después de algunos años pasados en Italia. Nos ha enviado un texto que, en pocas y vividas palabras, habla de identidad, retorno y pertenencia de manera mas clara de muchos ensayos. Lo publicamos con mucho gusto.

Juan Velásquez Quispe, es un profesional del Derecho y de las Ciencias Políticas. Es master en Políticas de Encuentro y Mediaciones Culturales realizado en la Universidad Roma III. Entre los años 2004 al 2006 fue presidente de la Coordinadora de Profesionales Peruanos y Andinos en Italia. El 2007 y 2008 impulsó la campaña Juntos Por Los Andes, que unificó 23 asociaciones de inmigrantes de Perú, Ecuador, Colombia y Bolivia para apoyar a niños en situación de pobreza en los cuatro países. Actualmente es presidente de ACOFAPE, asociación con sede en Lima que agrupa a familiares de migrantes peruanos y migrantes retornados del exterior. Colabora también con la Asociación de Familiares de Migrantes del Mercosur (FAMISUR) con sede en Montevideo, Uruguay.

 

No pasaron ni dos semanas de haber dejado Italia en el 2011, cuando comenzamos a extrañar los aspectos positivos de su gastronomía. Iniciamos a realizar ese penoso acto de comparar y comentar lo bueno que habíamos dejado y lo diferente con lo que teníamos que conformarnos. Procuramos no extrovertir nuestros comentarios positivos y constantes, para no herir susceptibilidades, acerca de la calidad de la alimentación mediterránea que habíamos dejado definitivamente, durante nuestro proceso de retorno a Sudamérica.

Fue así que incluimos en nuestra mesa herencias remanentes de nuestras costumbres en Italia, con aceites de olivo extra virgen local, pasta pero sólo de grano duro, quesos de calidad o similares, ensaladas frescas mixtas que nos impusimos cultivar en nuestro propio huerto uruguayo, junto a buenos tomates de estación y jugosas berenjenas. Casi de forma instintiva nuestro paladar nos exigía comer “a la italiana” por lo que de una u otra forma contagiamos a nuestros vecinos quienes empezaron a probar lo cotidiano de la cultura gastronómica del bel paese.

Pero no todo quedó alli, todo esta gran nostalgia del “buon mangiare” traspasó nuestro pasado reciente y se fue más atrás, cuando en mi infancia mis padres me daban sabrosos refrescos de quinua o guisos con hierbas y condimentos autóctonos del Perú. Cuando de niños hacíamos casi jugando nuestros jugos de frutas surtidas o nuestra tendencia a consumir de mil formas el pescado que nos hacía agua la boca. Era el tiempo en que el actual boom de la gastronomía peruana era dificil de imaginar.

De pronto mi esposa me dijo, “¿por qué no experimentamos con lo mejor y lo volcamos a nuestra dieta?”,

entonces utilizamos nuestros recuerdosy experiencias para mezclar alimentos y ofrecernos panes “a la italiana” con harina de quinua, desayunos de avena enriquecida con productos andinos como la maca y la kiwicha, o el uso de la cañihua en nuestras “frittate”. Esta riqueza que nos ha dado ser una familia transnacional, con mucha influencia italiana, peruana y uruguaya, nos viene llevando por caminos innovadores. Incluso para poveernos de una inspiración culinaria que puede proponer un mejoramiento de la calidad de la alimentación en nuestro entorno.

Entendiendo todo esto, y con el apoyo de nuestra asociación FAMISUR, nos encontramos hoy en plena difusión de un grano andino maravilloso como es la quinua, cuyo año internacional celebramos el 2013, declarado por la FAO y por la Asamblea de las Naciones Unidas. Este humilde grano, casi olvidado por centurias y conservado clandestinamente por las poblaciones andinas, es hoy reconocido como una alternativa concreta para la alimentación saludable mundial y es señalado por los especialistas en nutrición como el alimento más cercano al ideal para el ser humano. Pero hay que enseñar a cocinarlo y eso nos proponemos hacer este año y el próximo, en un tentativo por ir mejorando las alternativas gastronómicas del país donde vivimos y donde crecen nuestros hijos, es decir el Uruguay.

Mientras esto nos sucede, imaginamos lo que vienen viviendo miles de inmigrantes que regresan a también a sus tierras de origen, llevando consigo una gama rica de experiencias, con una cultura enriquecida y listas para ser difundidas y aprovechadas en un contexto cada vez más global, pero donde lo local resulta el único espacio fundamental para desencadenar lo mejor que trae esta nueva estapa que recién inicia a vivir la Humanidad.