L’integrazione al tempo del COVID-19, una panoramica europea

di Gaia Testore – Ricercatrice FIERI

Ogni ambito della nostra società viene in questi giorni passato al setaccio e ci si interroga sugli effetti che la crisi del COVID-19 sta causando sulle nostre vite e quali cambiamenti ci riserverà il futuro. La piattaforma dell’European Website for Integration, sito della Commissione Europea dedicato all’integrazione dei migranti e di cui FIERI è l’antenna italiana, consente di gettare uno sguardo al di là delle Alpi negli altri stati dell’Unione e approfondire gli effetti dell’epidemia anche in questo ambito. Confrontando le varie esperienze, ivi riportate, con gli avvenimenti italiani, emergono alcune similitudini rispetto alle ricadute della crisi e agli interventi che enti pubblici, terzo settore ma anche volontari stanno realizzando per affrontare la situazione.

Il sistema di accoglienza dei richiedenti asilo e rifugiati

La crisi colpisce maggiormente gli strati più fragili della popolazione, tra cui i migranti che vivono negli affollati centri di accoglienza o di detenzione amministrativa e in condizioni di marginalità.

Questa semplice constatazione si traduce nella crescente urgenza di tutta una serie di cambiamenti che sono stati per lungo tempo negati o posposti, mettendo a nudo la distanza tra la retorica politica e la realtà. In Italia, il dibattito sull’accoglienza diffusa è stato accompagnato da critiche verso l’utilizzo di strutture collettive caratterizzate da grandi concentrazioni (CAS, CARA, HUB, CPR, hotspot): ora emergono nuovi rischi insiti nel privilegiare tali opzioni. Oltre agli argomenti espressi in passato rispetto ai limiti di tali strutture per quanto riguarda l’obiettivo dell’integrazione, emerge ora come, le dimensioni e il sovraffollamento di tali luoghi li renda potenziali focolai di diffusione. Servizi distribuzione dei pasti e servizi igienici comuni sommati in alcuni casi dalla carenza di puntuali forniture di protezione individuale e di una sanificazione costante dei locali mettono in pericolo la salute degli ospiti. A denunciarlo sono numerose associazioni italiane e gli stessi migranti.

La pericolosità di tali soluzioni è segnalata anche in altri paesi europei quali la Francia dove, ad esempio, un gruppo di associazioni a metà marzo ha sollecitato con una lettera aperta alle istituzioni pubbliche e ai sindaci di Calais e Grande Synthe interventi urgenti per migliorare le condizioni di igiene dei campi nati per ospitare i rifugiati nel Nord del paese. All’interno della lettera si denunciava il rischio che tali strutture presenti sulla costa francese della Manica si trasformassero in focolai.

Il rischio di contagio interessa naturalmente anche i nuovi arrivati ai confini europei (es. Grecia) o le persone in condizione di marginalità come gli abitanti degli insediamenti informali nelle zone rurali e urbane italiane, ma non solo. Il 24 marzo a Aubervilliers (Seine-Saint-Denis) sobborgo di Parigi è stato sgombrato un insediamento irregolare e gli abitanti sono stati condotti in hotel e palestre adibiti ad accoglierli e sottoposti ad accertamenti sanitari.

La crisi sanitaria e le misure straordinarie fanno emergere prepotentemente, quindi, problemi già noti. La gravità della situazione rende semplicemente non più procrastinabile la presa in carico e la ricerca di soluzioni. Si può sperare che dato lo stato di emergenza si indeboliscano i punti di veto che hanno ostacolato l’adozione di soluzioni fino a questo momento, aprendo spiragli per il superamento dello status quo.

L’economia e il mercato del lavoro

La crisi evidenzia ulteriormente il ruolo importante che i migranti ricoprono all’interno delle nostre economie, dall’agricoltura alla logistica. La chiusura delle frontiere, per esempio, svuota i campi dal nord al sud dell’Italia, lasciando i produttori in difficoltà e alla ricerca di manodopera. Situazioni simili si verificano in molti paesi, come Belgio, Germania, Francia e Regno Unito, per citare solo gli stati europei. In Francia, la Federazione Nazionale dei Sindacati dei Produttori Agricoli ha denunciato la mancanza di 200.000 lavoratori nei prossimi tre mesi, mentre in Germania si parla della difficoltà di reperire i 286.000 lavoratori stagionali impiegati ogni anno nelle coltivazioni e nel Regno Unito di 80.000. Per venire incontro alla mancanza di manodopera, Francia e Germania hanno creato piattaforme on line per reclutare i nativi disponibili a essere impiegati nella raccolta di asparagi e altre colture.

Sebbene numerose siano state le manifestazioni di interesse, rimangono dubbi e timori rispetto ai costi che tali iniziative porteranno con sé: la formazione dei volontari per acquisire le competenze necessarie ma anche la pratica per permettere loro di sostituire lavoratori professionali; i costi legati al trasporto delle persone in condizioni che garantiscano il distanziamento sociale; e ancora i salari certo più bassi rispetto alle aspettative dei nativi. A questo proposito il governo belga, i sindacati e i rappresentati dei datori di lavoro si sono trovati a discutere la possibilità di incrementare tali salari.

Rispetto, poi, alla tutela della salute, la gestione della manodopera agricola implica anche una serie di valutazioni e pianificazioni. Lo evidenzia quanto avvenuto in Portogallo, dove il comune di Odemira si è mosso in anticipo e ha formulato un piano di emergenza per gestire un’eventuale diffusione del virus all’interno dell’ampia comunità di stagionali impiegati nel settore agricolo creando 500 posti per un eventuale quarantena dei braccianti utilizzando gli spazi al momento inutilizzati del palazzetto dello sport.

Le pratiche di rinnovo dei permessi di soggiorno

Il distanziamento sociale ha anche determinato un rallentamento e/o un arresto dell’esame della domande di asilo, garantendo solo i servizi essenziali in caso di urgenze: dalla Francia a Malta la macchina burocratica dell’asilo si è fermata. In Italia vengono rinviate le convocazioni in questura e le Commissioni territoriali per il riconoscimento della protezione internazionale sono sospese, così come in Francia dove la corte nazionale del diritto all’asilo ha interrotto le sue udienze fino a nuovo ordine. Inoltre, in vari paesi (es. Francia, Italia, Polonia) si è oramai introdotto il rinnovo automatico dei permessi di soggiorno, mentre in altri il processo è stato più graduale, come in Slovacchia, dove al fine di limitare gli accessi ai servizi in un primo momento solo alcune attività erano state mantenute (le candidature per il rinnovo del permesso di soggiorno temporaneo e quelle per il permesso di soggiorno illimitato). In Portogallo si è stabilito che tutte le persone con una richiesta di permesso e di asilo pendente, formulata precedentemente al 18 marzo, ricevano automaticamente un permesso temporaneo che concederà loro gli stessi diritti dei cittadini, in particolar modo in ambito sanitario.

La diffusione delle informazioni sulle pratiche sanitarie

Nell’urgenza della crisi una delle prime attività a essere portata avanti da tutti gli attori coinvolti, pubblici o privati, è stata la diffusione delle informazioni e la ricerca degli strumenti più utili per farlo.

Numerose sono le iniziative di ONG, ministeri, regioni, comuni e organizzazioni internazionali condotte per mettere a conoscenza gli stranieri presenti sul territorio delle indicazioni del governo e delle misure contro il contagio, traducendo i documenti nelle lingue delle minoranze (es. Italia, Estonia, Francia, Germania, Lettonia, Lussemburgo, Malta, Norvegia, Polonia, Slovacchia, Spagna). In Polonia, ad esempio, la diagnosi e il trattamento da COVID 19 sono gratuite anche per le persone non inserite all’interno del sistema sanitario. Non tutti i migranti sono consapevoli e pertanto i medici hanno esercitato pressione sul governo perché fosse sviluppata una campagna di informazione capillare che raggiungesse tutte le persone presenti sul territorio. Un altro esempio è il sito Migrant information Hub lanciato nello Yorkshire e Humber e contenente le informazioni utili per arginare la pandemia.

L’Austrian Integration Fund (OIF), partner operativo del Ministero Federale per le Donne e l’Integrazione, ha messo in piedi una campagna informativa via sms raggiungendo 70.000 rifugiati, mentre una sezione del suo sito plurilingue è stata destinata alla messa in discussione delle fake news relative alla epidemia. Nel combattere la lotta contro le false informazioni, OIF ha messo in piedi anche una campagna di sensibilizzazione tramite i social media. E’ stato, infine, creato un numero telefonico dedicato all’epidemia che offre informazioni pratiche in 9 diverse lingue.

In Italia, dalle regioni ai comuni, tantissimi enti sono intervenuti offrendo traduzioni in lingua dei documenti ufficiali (es. autocertificazione o decreti) e dando informazioni pratiche e puntuali sul proprio territorio.

A lato delle iniziative degli enti pubblici, gli enti del terzo settore e/o organizzazioni internazionali già abituate a operare on line e tramite app, continuano a indagare nuovi modi di utilizzo per diffondere informazioni (es. audio, video, podcast). Ad esempio, l’associazione ARCI e l’UNHCR hanno aggiornato la mappa interattiva che avevano creato JUMA MAP contenente i servizi rivolti ai richiedenti asilo e ai rifugiati, offrendo una sezione specifica per il coronavirus con informazioni, infografiche, podcast in diverse lingue. Per tutti coloro che non hanno un medico di base, Médecins du Monde – Missione Italia ha messo a disposizione un numero di telefono dedicato.

Evidenziamo, infine, che alla diffusione delle informazioni hanno partecipato anche gli stessi migranti, aiutando a tradurre i documenti. E’ avvenuto, ad esempio, vicino a Modena dove gli studenti di una scuola di lingua italiana hanno nei primissimi giorni della crisi tradotto in 14 lingue le prime linee guida pubblicate dal Ministro della salute italiano.

Le misure e gli interventi di integrazione

Per quanto riguarda la riorganizzazione delle vita quotidiana nelle nuove condizioni, con la chiusura delle scuole, anche le scuole di lingua, i centri di istruzione per adulti (CPIA) e le associazioni hanno dovuto interrompere le loro attività e adottare metodi di didattica a distanza. In Francia la Direction de l’accueil, de l’accompagnement des étrangers et de la nationalité (DAAEN) ha reso disponibili strumenti (piattaforme, video, app ecc.) per apprendere a distanza il francese e la cultura locale, consentendo ai migranti di proseguire la formazione richiesta nel quadro del contratto d’integrazione repubblicana (CIR). I progetti, se non possono essere posposti, si adattano alle nuove condizioni. In Svezia per garantire la prosecuzione del processo di apprendimento della lingua, si è creato un servizio basato su videochiamate volto a rafforzare le competenze linguistiche.

L’adozione delle misure volte al distanziamento sociale ha ovviamente avuto ricadute concrete nell’organizzazione delle attività e dei progetti in tutti gli ambiti dell’integrazione (es. progetti finanziati con il fondo FAMI), determinando la necessità di posporre alcune azioni o di trovare formule alternative (Austria), e incrementando la necessità di confronto e di supporto reciproco tra gli operatori. Sono così state create occasioni di scambio e di confronto da remoto così come attività di supporto psicologico specifico per gli utenti dei servizi. Nel Regno Unito UK’s Social Integration All Party Parliamentary Group ha lanciato un’indagine che si concluderà il 17 aprile, incoraggiando tutti coloro che lavorano per aiutare persone fragili e a rischio di isolamento sociale a comunicare le soluzioni che hanno individuato per condividere il maggior numero di buone pratiche e diffonderle in tutto il paese.

La crisi è diventata pertanto anche occasione di innovazione, ancora una volta disomogenea tra territori e attori. L’emergenza impone un rinnovamento e si fa forse ancora più forte l’esigenza di confrontarsi sulle misure adottate e trovare soluzioni il più possibile omogenee ed efficaci, per evitare di ampliare le diseguaglianze, con danno per i singoli e la collettività.