Di Ester Salis
La crisi economica cominciata nell’estate del 2008 e i suoi deleteri effetti sul mercato del lavoro italiano sembrano avere a lungo risparmiato il settore del lavoro domestico e di assistenza agli anziani.
L’occupazione in questo ambito del mercato del lavoro ha infatti continuato a crescere negli anni della crisi.
Secondo la Fondazione Leone Moressa, il numero di lavoratori impiegati come colf o assistenti familiari dalle famiglie italiane è cresciuto del 60% tra il 2007 e il 2012 (V. FLM, Rivista Economia dell’Immigrazione, n° 6, Marzo 2014).
Come FIERI (e una vasta letteratura) ha mostrato in un recente lavoro, la crescita esponenziale del mercato dei servizi domestici e di cura agli anziani si è realizzata in primo luogo grazie al contributo delle lavoratrici straniere: secondo recenti stime le assistenti familiari (o badanti) straniere rappresentano circa il 90% della forza lavoro nel settore (Pasquinelli, S. (2013) “Le badanti in Italia: quante sono, chi sono, cosa fanno”. In: Pasquinelli, S. e Rusmini, G. (a cura di) Badare non basta. Il lavoro di cura: attori, progetti, politiche, Ediesse, Roma.) e oltre l’80% delle lavoratrici domestiche totali (V. ISTAT, INPS, MINLAV, Rapporto Coesione sociale 2013).
Tuttavia, secondo alcuni osservatori, la crisi sembrerebbe aver innescato meccanismi di competizione tra lavoratrici straniere e italiane nel mercato del lavoro domestico e di cura, con il ritorno delle seconde verso lavori un tempo rifiutati. Le lavoratrici italiane, di fronte alle ristrette opportunità lavorative in altri settori, si starebbero infatti ri-orientando verso i lavori di badante e colf: secondo le elaborazioni dei dati INPS fornite dalla Fondazione Leone Moressa il numero delle italiane assunte come badanti sarebbe più che quadruplicato tra il 2007 e il 2012, rappresentando in quest’ultimo anno circa il 12% del totale.
A questa nuova presunta concorrenza i media italiani hanno dato ampio risalto, con titoli quali “Colf e badanti, le italiane rubano il lavoro alle straniere” (M. Morici, Panorama, 11/10/2012) o “Se anche le italiane diventano badanti. Sotto assedio il fortino delle immigrate” (V. Polchi, La Repubblica, 7/2/2011).
Ma è davvero corretto parlare di concorrenza nel mercato del lavoro domestico e di cura?
In un post recentemente pubblicato sul blog del Migration Policy Centre – European University Institute, Sabrina Marchetti e Anna di Bartolomeo, mettono in discussione l’ipotesi della concorrenza tra italiane e straniere nel mercato del lavoro domestico e di cura. Le autrici mostrano come, dietro a numeri assoluti effettivamente in crescita per le italiane, i profili lavorativi e professionali restino significativamente diversi per italiane e straniere.
Nella maggior parte dei casi, per le lavoratrici italiane l’ingresso nel settore domestico rappresenta una strategia di sopravvivenza di fronte alla crisi, una compensazione per la caduta dei redditi familiari in caso di perdita del lavoro del partner. Viceversa, per le lavoratrici straniere il lavoro domestico e di cura è molto spesso la principale o unica fonte di reddito e per questo sono maggiormente disponibili a orari di lavoro più lunghi e condizioni di lavoro più gravose, come quelle legate alla convivenza con i datori di lavoro, scarsamente accettate dalle italiane.
L’ipotesi di concorrenza sembra dunque non avere solide fondamenta ma appare invece più corretto parlare, ancora una volta, di complementarietà tra lavoratrici italiane e straniere.
Immagine via Wikipedia: “Trottins lingères. — 1799 et 1899.”