Di Ferruccio Pastore, pubblicato sul numero 4/2011 della rivista Italianieuropei, dedicata in gran parte all’effetto domino in Nord Africa.
In questo momento fatale, in cui l’Europa è obbligata a volgersi a Sud, le migrazioni tra l’Africa e l’Europa si impongono come questione decisiva. Per affrontare l’emergenza evitando disastri occorre guardare indietro e avanti, senza fermarsi alle urgenze, vere e presunte, di questi giorni. Interrogarsi sugli scenari possibili è auspicabile e persino doveroso nella misura in cui ciò possa contribuire a ridurre il tasso di impreparazione e improvvisazione nella gestione degli arrivi. Il mondo sta vivendo un periodo di transizione tra i più convulsi e radicali da molti decenni a questa parte. I paragoni con il crollo del cosiddetto “ordine bipolare” si sprecano. Più crescono le proporzioni del domino arabo, più i paralleli risultano legittimi, se non altro sotto il profilo dell’ampiezza della sfida, per le democrazie occidentali e la governance mondiale. Questa volta, però, lo sgretolamento del vecchio ordine avviene, per così dire, “senza rete”.
Vent’anni fa, l’egemonia statunitense appariva più solida che mai, così come il modello economico su cui essa si fondava. Questa crisi, invece, divampa in un quadro di multipolarismo acefalo e instabile, ulteriormente infragilito dalle profonde ferite lasciate, specialmente nel Vecchio Continente, dalla crisi economica. Il dissolvimento del blocco sovietico aveva scavato i solchi strategici in cui l’Europa si è mossa per due decenni. Sono stati vent’anni in cui il Mediterraneo è stato messo in secondo piano, tanto dal punto di vista politico, quanto da quello economico, confidando in un’appa rente stabilità, pur in assenza di prosperità diffusa e democrazia. La fragilità di quel presunto ordine euro-mediterraneo e la miopia del pragmatismo “est-centrico” della Unione europea sono oggi tragicamente evidenti. In questo momento fatale, in cui l’Europa è costretta a volgersi di nuovo a Sud, le migrazioni tra l’Africa e l’Europa si impongono come questione decisiva.
Per uscirne evitando disastri occorre guardare indietro e avanti, senza fermarsi alle emergenze, vere e presunte, di questi giorni.