Introduzione al Rapporto Conclusivo dell’indagine della Commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani del Senato della Repubblica italiana sulla condizione di Rom, Sinti e Camminanti in Italia.
di Pietro Cingolani
Presentiamo nel nostro sito il rapporto conclusivo dell’indagine sulla condizione di Rom, Sinti e Camminanti in Italia, frutto di un’indagine conoscitiva condotta nel 2009 e nel 2010 dalla Commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani del Senato della Repubblica italiana. Questo rapporto è stato pubblicato in coincidenza con la tragedia di Raul Mircea, Fernando, Patrizia e Sebastian, i quattro bambini rom romeni morti la sera del 6 febbraio a Roma nelL’incendio del riparo di fortuna in cui abitavano, in un accampamento nei pressi della via Appia. Solo l’ultima di una lunga serie di morti di minori rom tra il 2009 e il 2010, bruciati nelle loro baracche. Di fronte alla gravità dei fatti, e soprattutto di fronte alle responsabilità delle amministrazioni e dei decisori pubblici, questo documento rappresenta un importante passo nella direzione di una presa di coscienza e di una volontà politica a elaborare strategie di intervento non emergenziali, ma basate sulla conoscenza e sul dialogo.
Ciò che da anni viene evidenziato da chi conosce e lavora con questa minoranza è il carattere multidimensionale dell’esclusione sociale, che crea un circolo vizioso dal quale è sempre più difficile uscire. La maggioranza delle popolazioni rom e sinte sono escluse da tutte le risorse alle quali hanno accesso gli altri cittadini, casa lavoro, istruzione, status giuridico, accesso ai servizi sociali e sanitari. Queste dimensioni sono le une collegate alle altre perché per poter affittare una casa, per esempio, serve un lavoro e per chi vive in condizioni precarie, come negli accampamenti di fortuna, diventa molto difficile poter mantenere un lavoro o mandare i propri figli a scuola. Queste condizioni di marginalità si legano a loro volta alle rappresentazioni e ai pregiudizi della popolazione maggioritaria, e a pratiche sociali discriminatorie, rafforzandosi le une con le altre.
Uno dei punti più approfonditi nel rapporto è quello dello status giuridico, punto di partenza ineludibile sul quale costruire percorsi di vera inclusione: adulti senza cittadinanza perché provenienti da Paesi della Ex-Jugoslavia, che non riescono a ottenere lo stato di apolidia; bambini nati in Italia da questi genitori che al raggiungimento della maggiore età non possono ottenere la cittadinanza italiana; rom romeni comunitari che non avendo riconosciuta la residenza non possono accedere a servizi fondamentali come gli assegni di maternità o il servizio sanitario nazionale. Per la Commissione è urgente attivare pratiche di emersione e di riconoscimento giuridico. Un altro importante approfondimento è legato all’analisi dei cosiddetti campi nomadi, una realtà degradante che, con pochissime eccezioni, non esiste in altri paesi europei. La Commissione ha realizzato ispezioni in quattro realtà, Roma, Napoli, Milano e Torino, per confermare un giudizio molto negativo e per arrivare a proporre la loro graduale chiusura, con l’offerta reale di soluzioni abitative diverse, accettabili e accettate, ciò nate dal confronto con i diretti interessati. Sullo sfondo di tutte queste proposte rimane il tema centrale del riconoscimento e della valorizzazione della diversità culturale, che si può basare solo su una reale conoscenza dell’altro. Non è possibile pensare soluzioni e politiche in tutti i settori, dall’educazione, al lavoro, alla casa, prendendo in considerazione esclusivamente il nostro punto di vista, quello di gagé; e neppure considerando il mondo rom come un tutto organico e culturalmente compatto, quando invece è traversato da profonde e numerose differenze interne, che hanno a che fare con la provenienza nazionale, il momento di arrivo in Italia, il genere, l’età, la classe sociale, le relazioni sviluppate con i gagé nei contesti territoriali specifici.
L’auspicio è che la presa di coscienza politica rappresentata da questo documento si traduca in azioni concrete e che non prevalga, per l’ennesima volta, la linea del non intervento o, ancor peggio, dell’esclusione istituzionalizzata.