L’Italia e l’immigrazione low cost: fine di un ciclo?

L’immigrazione di lavoratori stranieri e dei loro familiari verso l’Italia ha conosciuto nel corso dell’ultimo decennio ritmi di crescita consistenti, simili a quelli osservati in altri paesi europei quali la Spagna e la Gran Bretagna. Tuttavia, a differenza di quanto osservato altrove, la crescita dell’immigrazione in Italia non è stata accompagnata da una corrispondente crescita economica: nel corso del periodo considerato, l’Italia ha mostrato capacità di crescita ben inferiore a quella osservata in precedenza e alla media degli altri paesi europei. Quali interpretazioni si possono avanzare per questo apparente paradosso di un’immigrazione massiccia senza crescita economica significativa? La tesi che proponiamo in questo articolo è che il modello migratorio italiano sia stato a lungo improntato ad un’immigrazione “low cost”. La crescita della popolazione straniera nel nostro paese si è infatti realizzata grazie a costi economici e sociali ridotti per molti degli attori coinvolti dal fenomeno: i lavoratori nativi, il sistema delle imprese, il welfare state e le amministrazioni pubbliche, tra gli altri. L’attuale crisi economica fa però apparire i primi segnali di indebolimento di questo modello, provocando ad esempio costi crescenti in termini di maggiore concorrenzialità tra lavoratori italiani e stranieri o per il sistema di welfare pubblico. Le politiche di immigrazione potranno dunque subire importanti trasformazioni nel prossimo futuro, in direzione di una maggiore selettività e qualificazione dei migranti ammessi nel nostro paese per motivi economici. In una prima sezione si porterà in evidenza il paradosso tutto italiano dell’immigrazione senza crescita. Nella seconda sezione si svilupperà l’argomento dell’immigrazione “low cost” come possibile spiegazione del paradosso, identificando le principali dimensioni del fenomeno: nel mercato del lavoro, nel sistema produttivo e imprenditoriale, nel welfare pubblico e nell’amministrazione statale. Passeremo poi a identificare i segnali di indebolimento di questo modello e, in una quarta ed ultima sezione, le possibili direttrici di un modello alternativo, dove a costi crescenti si potrebbero associare anche maggiori benefici.

Di Ferruccio Pastore, Ester Salis, Claudia Villosio – Marzo 2013 

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