Lo sviluppo dei controlli migratori nei paesi del Sud Europa: un bilancio dell’ultimo quarto di secolo

Claudia Finotelli, ricercatore associato di FIERI e curatrice con Irene Ponzo di un recente numero monografico della rivista Journal of Ethnic and Migration Studies (JEMS) (https://www.tandfonline.com/doi/full/10.1080/1369183X.2017.1345830?af=R), ha appena pubblicato un importante saggio (Southern Europe: Twenty-Five Years of Immigration Control on the Waterfront, in Ariadna Ripoll Servent e Florian Trauner (a cura di), The Handbook of Justice and Home Affairs Research, Routledge, Londra, 2018), che le abbiamo chiesto di presentare ai lettori italiani.

Lo scetticismo dei paesi nordeuropei sulla capacità dei paesi dell’Europa del sud di controllare i flussi migratori verso l’Unione Europea è un tema ricorrente nel dibattito migratorio europeo. L’incremento degli arrivi sulle coste greche ed italiane durante l’ultima crisi dei rifugiati ha ravvivato l’immagine dei paesi dell’Europa del sud come porti d’ingresso incontrollati verso l’Europa. Ma è davvero cambiato così poco dalla prima crisi migratoria negli anni ‘90? Sono ancora così deboli i controlli e così precari i sistemi di asilo? Il saggio Southern Europe: Twenty-Five Years of Immigration Control on the Waterfront cerca di rispondere a questa domanda analizzando l’evoluzione dei sistemi di controllo dei paesi sudeuropei negli ultimi 25 anni. L’analisi mostra che le cose sono indubbiamente cambiate nell’Europa del sud dagli anni ’90 fino ad oggi. I paesi dell’Europa del sud, anche se in misura diversa tra loro, hanno limitato le concessioni di visti, rafforzato i controlli di frontera, intensificato la cooperazione bilaterale e migliorato, almeno fino a un certo punto, i loro sistemi di asilo rispetto al passato. E’ per questo che alla luce dei risultati della ricerca condotta finora su Spagna, Italia, Grecia e Malta si può dire che il dibattito sulla presunta debolezza dei sistemi di controllo e di asilo dei paesi dell’Europa del sud ha bisogno di essere rivisto e differenziato a seconda dei paesi in esame. Ciononostante, c’è ancora molto da sapere (e da fare) per migliorare l’efficacia delle politiche migratorie. La combinazione di politiche dei visti e di asilo restrittive, e di canali legali d’ingresso inefficaci ha di fatto incentivato l’ingresso e la residenza irregolari, trasformando l’immigrazione in una questione interna che, come tale, viene gestita secondo logiche interne e non europee come succede nel caso delle regolarizzazioni di immigrati. C’è inoltre necessità di più ricerca comparata sui sistemi di controllo europei (e delle loro burocrazie) per capire in quali fattori strutturali sono radícate le logiche delle politiche di controllo attuali e qual è il loro impatto sulle politiche europee. Infine, un’ultima considerazione riguarda la relazione tra i sistemi di controllo dell’Europa del sud e la presunta debolezza dei controlli comuni di frontiera. Molte volte i richiedenti asilo vengono respinti in paesi che offrono ben poche garanzie a potenziali richiedenti asilo, mentre il numero di morti nelle acque del Mediterraneo continua ad essere elevato nonostante l’intensificazione dei controlli e l’incremento della cooperazione bilaterale. La gestione dell’ultima crisi migratoria dimostra che l’Europa non ha ancora risolto la contraddizione fondamentale tra sicurezza interna e garanzia degli standard umanitari. Ed è anche chiaro che il peso di questa tensione non dovrebbe ricadere solo solo sui sistemi di controllo dei paesi dell’Europa del sud.