EN. Legal migration has never been a particularly vital area of EU policymaking. Some legislation indeed exists but its transformative power has been limited (as shown also by a recent ‘fitness check’). The policy impasse on legal migration has become even more evident since the outburst of the governance crisis in 2015. Meanwhile, European economies are still facing problems of skill shortages and they keep resorting to immigrant labour, – although to a very different extent and preferably through temporary, highly selective (and sometimes irregular) channels.
No big change is expected in this area from the new European Commission, in spite of its two members both in charge for migration. Both Ursula von der Leyen’s mission letters to Vice-President-designate for Protecting our European Way of Life, Margaritis Schinas, and to Commissioner-designate for Home Affairs, Ylva Johansson, contain a specific mandate to develop ‘genuine legal pathways’. But this looks far from being one of the main priorities.
These issues are at the core of a report recently released by the Expert Council of German Foundations on Integration and Migration (SVR) that presents the results of a study carried out in cooperation with Migration Policy Institute Europe (MPIE), for which FIERI has conducted the Italian case study
While stressing the need for European states to invest more to ‘develop the infrastructure to allow employers to hire workers quickly and improve protection for labour migrants’, the SVR report strikes a cautious chord in warning that ‘expansion of legal migration opportunities for third-country nationals, particularly in middle- and low-skill sectors, […] should not be oversold as migration management tool’ and that ‘there is as yet little evidence that they can in fact contribute to the EU’s stated goal of reducing irregular migration and disentangling mixed flows’ (full press release HERE).
IT. Più opportunità di immigrazione legale per lavoro: i risultati di uno studio europeo
L’immigrazione legale non è mai stato un’area particolarmente vitale della politica europea. Esiste un corposo insieme di norme, il cui impatto concreto è stato però limitato (come dimostrato anche da una recente valutazione d’insieme condotta dalla Commissione europea).
Dalla nuova Commissione non sono attesi grandi cambiamenti, nonostante ben due commissari dotati di competenze, in parte apparentemente sovrapposte, in tema di migrazioni. Le lettere di missione della Presidente Ursula von der Leyen al Vice-Presidente designato “per la protezione del modo di vita europeo”, Margaritis Schinas, e alla Commissaria designata per gli Affari Interni, Ylva Johansson, contengono un mandato specifico per lo sviluppo di canali legali di ingresso. Ma non è certo questa la priorità principale in materia migratoria.
Questi temi sono adesso al centro di un rapporto del “Consiglio di esperti delle fondazioni tedesche su migrazioni e integrazione” (SVR), che presenta i risultati di uno studio condotto in collaborazione con Migration Policy Institute Europe (MPIE), per cui FIERI ha condotto lo studio sul caso italiano.
Il rapporto di sintesi, presentato la settimana scorsa a Berlino, sottolinea la necessità per gli stati europei di “sviluppare infrastrutture che consentano ai datori di lavoro di reclutare lavoratori immigrati velocemente e, nello stesso tempo, di migliorare i loro livelli di protezione”. D’altro canto, però, il rapporto invita alla cautela, raccomandando agli stati di “non creare aspettative eccessive”, specialmente rispetto alla possibilità che una “espansione dei canali di ingresso legale per settori a bassi e medi livelli di qualifiche possa contribuire all’obiettivo di ridurre l’immigrazione irregolare e i flussi misti”, la cui relazione può non rivelarsi così lineare ed automatica. (traduzione FIERI; comunicato stampa completo QUI).