Presente e futuro dei ROM in Italia: note in margine a un convegno

Giovanni Picker (FIERI e Università di Milano-Bicocca)

Le condizioni sociali, politiche ed economiche della minoranza rom stanno riconquistando spazio nell’agenda pubblica europea, in particolare dopo l’accesso dei paesi dello spazio orientale, in cui tali condizioni stanno diventano di anno in anno sempre più precarie. Anche in Italia il dibattito politico su inclusione sociale e cittadinanza nel caso dei rom ha visto uno sviluppo accelerato negli ultimi tre anni, mentre il dibattito culturale e scientifico su questi temi è solo all’inizio. Tuttavia, un segnale di vitalità viene dall’importante convegno internazionale “La condizione giuridica di rom e sinti in Italia”, che si è svolto dal 16 al 18 giugno scorsi all’Università di Milano-Bicocca. Queste note intendono riassumere le questioni principali emerse durante le tre giornate (sul sito rom.asgi.it si possono scaricare i materiali: programma, interventi, documentazione e norme internazionali, comunitarie e nazionali).

La prospettiva giuridica

Durante la prima giornata si sono alternate relazioni sugli aspetti giuridici nazionali in Europa a questioni storiche e “culturali”. Nella mattinata Paolo Bonetti ha richiamato i nodi problematici che si presentarono nei lavori parlamentari sulla legge 482/1999, quando il legislatore negò lo statuto di minoranza storico-linguistica ai rom e ai sinti e ha sottolineato la urgente necessità di una nuova legislazione per supplire a questa assenza. Alessandro Simoni ha poi ripercorso la storia del controllo sociale su rom e sinti da parte delle istituzioni nazionali in Europa negli ultimi due secoli – principalmente parlamenti e polizie, che hanno creato un sapere giurisprudenziale e dottrinale su rom e sinti (chiamati nomadi, Tsiganes, Bohemiènes, ecc), dipingendoli come specifici tipi di devianti. Particolarmente apprezzato dal pubblico, L’intervento di Gianni Loy ha rilevato come rom e sinti soffrano della smania della società maggioritaria, “noi”, di trovare un nemico/capro espiatorio, responsabile dei maggiori problemi sociali, non da ultimo quelli della nostra economia che “per un terzo è sommersa”. Una nota di dissenso è invece emersa nei confronti di Anna Rita Calabrò per L’uso del termine Zingari. Una persona sinta nella sala ha chiesto alla relatrice di usare i termini ”rom” e ”sinti” perchè meno discriminatori, e la professoressa ha risposto che dalla propria esperienza ventennale di studio e ricerca con gli “Zingari”, preferiva continuare con tale parola, spiegando che non le attribuiva alcun significato negativo e che le era stato suggerito da alcuni rom. In risposta, alcune persone rom e non-rom hanno lasciato la sala, e Calabrò ha continuato la sua relazione. A concludere la prima giornata, le relazioni sullo status giuridico di rom e sinti in alcuni paesi europei: Spagna, Ungheria, Romania, ex-repubbliche jugoslave e Francia. Questi paesi portano esempi interessanti, di segno sia positivo sia negativo. Se Fernando Rey ha denunciato le carenze legislative e amministrative della situazione spagnola, con riferimento all’Ungheria, Katalin Kelemen ha raccontato una situazione più organizzata – con un autogoverno rom a livello regionale. La Romania e le repubbliche ex-jugoslave hanno statuti di protezione – con una percentuale di popolazione rom molto più elevata di quella dell’Italia (pur con le dovute riserve sull’attendibilità delle stime italiane), e la Francia ha un sistema di trattamento delle minoranze su base individuale “culture blind”, cioè indifferente alle differenze che non permette comparazioni col caso nostrano. Si è invece sentita la mancanza della Germania (data dall’assenza di Romani Rose che avrebbe dovuto parlare per ultimo) che – come spiegava Andrzej Mirga durante i saluti di apertura – sembra avere il sistema giuridico e di tutela più simile a quello dell’Italia, da cui quindi si potrebbe imparare più che da altri casi. La Germania, pur partendo da un modello di nazionalismo ”etnico”, ha però riconosciuto rom e sinti come minoranza nel 2006 dopo lunghe battaglie portate avanti da queste minoranze.

La prospettiva sociologica

Nella seconda giornata del convegno, sono prevalse le prospettive sociologiche. A relazioni su discriminazione quotidiana, cittadinanza ”di fatto” e accesso al welfare si sono alternate questioni di diritto del lavoro e diritto all’istruzione. Alessandro Maiorca ha spiegato come sia in materie di diritto civile sia in quelle di diritto penale L’ordinamento italiano già prevede efficaci mezzi per contrastare la discriminazione su base culturale/etnica. Alberto Guarisco, in merito all’accesso ai diritti civili e politici ha denunciato la presenza di una “grave violazione” da parte dell’autorità politica, che con un decreto ministeriale del 2005 stilava una lista di associazioni accreditate a rappresentare rom e sinti. Secondo il relatore, solamente la CEDU, Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, sarebbe in grado di imporre alle autorità politiche e giuridiche italiane il fatto che rom e sinti sono soggetti in grado di autodeterminarsi collettivamente. Eva Rizzin ha in seguito ripercorso gli eventi degli ultimi anni di istigazione e propaganda razzista nei confronti di rom e sinti da parte di due autorità locali, il sindaco di Verona e quello di Treviso, presentando L’attività di Articolo 3, associazione di Mantova, e concludendo che mai come in questi anni di gravi violazioni è importante ricordare il genocidio di rom e sinti. Federico Furlan, in un originale contributo sulle leggi regionali – le uniche che si rivolgono esplicitamente a rom e sinti in Italia – ha sottolineato come la “Tutela dei rom”, a cui le leggi sono mirate, si traduce nei fatti puntualmente in ”gestione dei campi sosta”, e ha richiamato le regioni a legiferare meno ”culturalmente” e più pragmaticamente sulle aree di loro competenza. In seguito, Nando Sigona, presentando i risultati delle sue ricerche sulla discriminazione e sulla partecipazione politica di rom e sinti, ha denunciato i limiti di impostazione della maggior parte delle ricerche, che ignorano la agency di persone rom e sinte. Giulio Vigevani, parlando di libertà di espressione nei media, ha discusso la presenza di una vera e propria “emergenza etica” nei media italiani, richiamando il legislatore agli obblighi presi nella convenzione di Strasburgo sulle minoranze del 1995. Antonio Tosi ha poi richiamato alla necessità di politiche integrate (casa, lavoro, scuola, sanità), piuttosto che di una gamma di interventi amministrativi frammentati, e ha sottolineato L’importanza di soluzioni diversificate in accordo con le necessità di singoli gruppi/famiglie. Di particolare originalità il contributo di Nicola Bassi sull’eterogenesi dei fini delle leggi regionali per rom e sinti. Per il relatore, le leggi regionali rendono la questione abitativa dei rom di pubblico interesse, ovvero impongono i campi sosta come unica soluzione impedendo alternative quali la costruzione spontanea da parte di rom e/o sinti di insediamenti, o la costruzione di campi sosta da parte di non-rom. Questo comprime la libertà di scelta di rom e sinti, senza dimenticare che la legislazione fascista ha reso le comunità ebraiche “enti pubblici” al solo scopo da parte dello stato di controllarle meglio (e che tale legge è stata in vigore fino al 1988).

Due nodi: minori e questione penale

La terza giornata è stata contrassegnata da due temi di grande attualità: la tutela dei minori e gli aspetti penali e processuali. Nella mattinata Paolo Morozzo della Rocca ha invocato una maggiore attenzione del legislatore verso le dinamiche familiari di rom e sinti, pensando a forme di adozione più flessibili e in generale a uno sforzo che comprenda la poliedricità della condizione della famiglia rom. L’antropologa Carlotta Saletti Salza ha poi discusso i risultati di una recente ricerca in profondità sui processi di adozione di minori rom in Italia, rilevando che quel che sulla carta è chiamata tutela, viene spesso tradotta in pratiche di allontanamento che si basano su criteri superficiali, spesso avallati da considerazioni sulla ”cultura” rom, la quale diviene un contenitore con confini rigidi. Le relazioni sugli aspetti penali e processuali hanno messo in luce alcuni dei nodi più importanti per far sì che L’eventuale visibilità legislativa di rom e sinti come minoranza non venga incorporata come specificità di comportamenti devianti, ma che se una discriminazione in base alla cultura ci può essere, allora essa avvenga in termini positivi. La sessione si è conclusa con la relazione di Sabrina Tosi Cambini che ha presentato i risultati di una ricerca antropologica strettamente collegata a quella di Saletti Salza e riguardante i presunti rapimenti di bambini da parte di donne rom. La ricerca, di recente pubblicata, mostra che nessuno dei casi di cui si è occupata la stampa si è rivelato fondato. La presenza di queste due ricerche ha arricchito la discussione in merito a un tema – gli aspetti culturali – che sarebbe stato limitante lasciare ai giuristi, e al contempo ha fatto emergere un certo dissidio tra i relatori – abortito, per così dire, dall’impossibilità di discuterne. Dalla ricerca di Saletti Salza emergono infatti alcuni dubbi in merito alla fondatezza delle osservazioni da parte dei giudici su comportamenti diffusi tra rom e sinti. Nel pomeriggio, nella sessione “Le sfide per il futuro” Andrzej Mirga ha espresso la sua preoccupazione per il fatto che in alcuni comportamenti giudiziari in Italia il legame “Zingari”-criminali sia ancora presente e ha auspicato un superamento di ogni valutazione di questo tipo. In seguito Yuri del Bar, esordendo in romanes per sottolineare la particolare assenza di questa lingua in un convegno dedicato alla minoranza rom, ha ribadito L’importanza di riconoscere uno spazio di azione a rom e sinti perchè la discriminazione non continui. Nella tavola rotonda finale, con cinque minuti a testa, i partecipanti hanno espresso le loro agende presentando una posizione unanime sulla necessità di una legislazione di tutela di rom e sinti come minoranza.

Questioni aperte, convergenze e dissensi

La pluralità e complessità delle questioni emerse permette solamente di tracciare uno schizzo sintetico di un filo rosso che può articolarsi in due grandi ambiti di analisi intrecciati tra loro:

1. questioni di Welfare nelL’ambito di una multilevel governance (stato, regioni, comuni), e in particolare sui legami tra legislazione e condizioni effettive, materiali di vita:

  • Nell’architettura giuridica ancora da disegnare di una futura legge di tutela di rom e sinti, in quale ordine gerarchico di importanza vanno posti gli aspetti linguistici, quelli storici, e quelli territoriali?
  • Quali strumenti giuridici sono necessari per intervenire su ciascun ambito del welfare?
  • Possono quelli già in vigore, ovvero le leggi regionali, costituire una base per una legge nazionale?

2. la diade eguaglianza-diversità, il primo principio richiede di considerare rom e sinti come soggetti assolutamente uguali ad ogni altro cittadino sul territorio italiano, il secondo invita a prendere in considerazione la cultura e i contesti particolari entro cui rom e sinti vivono.

  • Come vanno considerati i tratti culturali dal punto di vista giuridico?
  • Quali limiti essi pongono ai membri delle comunità rom e sinti e a quelli della società maggioritaria?

Durante il convegno sono emersi interessanti punti di divergenza, che però non hanno potuto esprimersi a pieno. Un aspetto certamente interessante è che da quanto è emerso durante le relazioni e le comunicazioni sembra che ci sia accordo su tre questioni principali:

  • Ci vuole una legislazione nazionale che tuteli rom e sinti, scritta e negoziata coi rappresentanti della minoranza
  • I campi nomadi sono stati un fallimento e bisogna fare tutti gli sforzi possibili per prenderne atto e cercare di superare questa modalità
  • Bisogna che la società italiana si accorga di dover cambiare atteggiamento, capisca cioè che non si può parlare in modo offensivo di rom e sinti, così come di nessun altro gruppo sociale. Ci vuole quindi uno sforzo in questa direzione, di conoscenza e di prassi – sia culturale che giuridica.

Ma allora perchè sono emersi segni di divergenza e a volte dissenso? In molti si sono posti questa domanda, e la mancanza di una risposta è dovuta all’assenza di un confronto diretto tra i relatori e tra di essi e il pubblico. Se da un lato il convegno è indubbiamente stato un importante passo avanti verso la tutela giuridica di rom e sinti in Italia, dall’altro è mancato tale spazio di confronto. L’importanza della questione richiedeva certamente un numero elevato di relazioni, ma quando si discute di scelte istituzionali è probabilmente necessario anche garantire il confronto, che nelle culture giuridiche ha tradizionalmente un ruolo fondamentale.