Sovraindebitamento e migrazione internazionale: il caso dei lavoratori e delle lavoratrici filippine in Italia

Pubblichiamo una sintesi dello studio International migration and over-indebtedness: the case of Filipino workers in Italy
Di Charito Basa, Violeta De Guzman and Sabrina Marchetti

IIED Urban settlement working-paper n. 36

Questo studio fa luce su un lato nascosto, eppure estremamente rilevante, della vita quotidiana dei migranti che vivono nel nostro paese, ossia le loro difficoltà nell’accesso al credito bancario e, di conseguenza, il loro essere vittime di sovraindebitamento e usura.

Si tratta di difficoltà che riguardano i migranti di diverse nazionalità, ma che la diaspora filippina sta denunciando con sempre più vigore alla luce di fatti di cronaca che, in vari paesi, vedono i loro connazionali arrestati e umiliati per questo motivo (in Arabia Saudita, una delle mete principali per i filippini, il prestito a interesse è considerato un reato).

Anche in Italia, il Filipino Women’s Council, nel corso delle sue attività di alfabetizzazione finanziaria per lavoratrici e lavoratori domestici filippini, ha toccato con mano il loro crescente bisogno di sostegno per far fronte a questo tipo di problemi. Ed è proprio da questa esperienza diretta che nasce la necessità di una ricerca sull’impatto e le motivazioni del sovraindebitamento all’interno della comunità filippina in Italia. Questo working paper, realizzato da Charito Basa e Sabrina Marchetti (in Italia) e Violeta De Guzman (nelle Filippine), col sostegno di Cecilia Tacoli dell’Institute for Environment and Development di Londra, intende rispondere a tale bisogno.

Il materiale su cui si basa consiste innanzitutto in dati statistici sulla situazione economica e sull’invio di rimesse per l’Italia e per le Filippine. Ci sono poi 10 interviste con esperti di usura e di servizi bancari per migranti, sia italiani che filippini. A queste si aggiungono 33 interviste con donne e uomini filippini che hanno contratto debiti tramite canali legali o illegali, nelle città di Roma, Firenze, Bologna e Torino. Grazie alle loro testimonianze è stato possibile analizzare gli elementi principali (importo, tempi di restituzione, scopo, ecc.) di un totale di 104 prestiti che costituiscono l’oggetto fondamentale di questa ricerca.

Nel portare a termine le interviste con le persone indebitate, vista la particolare delicatezza del tema trattato, è stata fondamentale la collaborazione d’intervistatrici interne alla comunità filippina (Aubrey Abarintos, Dona Rosa De la Cruz, Maria Teresa Salamero, Mercedita de Jesus e Nerissa Antaran) che sono state adeguatamente preparate al lavoro di ricerca sul campo. Le stesse intervistatrici hanno poi contribuito all’interpretazione dei risultati, in una sperimentazione innovativa di metodologie per la ricerca scientifica sui fenomeni migratori.

Dal lavoro compiuto emerge innanzitutto un dato interessante rispetto alla tipologia di persone che contraggono debiti. La ricerca li distingue in tre categorie principali:

  • quelli di successo (detti i “flyers”): coloro che grazie ai debiti sono riusciti a migliorare sostanzialmente la propria condizione raggiungendo gli obiettivi desiderati;
  • le “vittime” (detti i “fallen”): coloro che sono stati fortemente danneggiati dal contrarre debiti, a livello psicologico, finanziario e relazionale;
  • e infine gli “equilibristi” (“tightrope walkers”): coloro che stanno nel mezzo e la cui possibilità di soddisfare i propri progetti e desideri, o al contrario frustrarli definitivamente, è continuamente messa in discussione.

Vediamo quindi che l’indebitamento non è un elemento di per sé negativo: la possibilità di fare acquisti grazie all’anticipo di somme altrimenti difficili da accumulare per chi ha un salario ridotto (come i filippini impiegati nel lavoro domestico) può essere una opportunità importante per investimenti personali e familiari.

Ma cos’è allora che determina il fatto di essere un “fallen” piuttosto che un “flyer”? La ricerca mette in luce come la causa del sovraindebitamento stia principalmente nel tipo di spesa affrontata con il debito contratto (si veda la figura 1).

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I “flyers” sono persone che contraggono debiti per migliorare la propria condizione abitativa in Italia o, più spesso, nelle Filippine. Sono anche coloro che investono oculatamente nell’educazione di altri membri della famiglia e nei loro progetti migratori, in modo da farsi raggiungere in Italia per lavorare. I “flyers” chiedono anche prestiti, molto più che gli altri, per acquistare terreni agricoli o per rilanciare piccole imprese o attività commerciali, incentivando così l’autonomia economica della famiglia rimasta nelle Filippine.

Su fronte opposto abbiamo i “fallen” che solitamente richiedono prestiti per acquistare piccoli beni di consumo per sé o come regalo, oppure per ripagare i debiti precedenti – il che segnala l’instaurarsi di un circolo vizioso del prendere soldi a prestito per ripagare altri prestiti. Ma più che per ogni altra cosa, le vittime del sovra-indebitamento sono persone che contraggono debiti per mantenere la famiglia in Filippine nei propri bisogni quotidiani.

Quest’ultimo elemento è quello che desta più preoccupazione. Nel contesto della crisi economica globale, visto l’aumentare dei costi della vita nei paesi di origine, a cui si associa una riduzione della redditività del lavoro all’estero, ai lavoratori migranti non bastano più i loro stipendi per sostenere le proprie famiglie lontane. Devono prendere i soldi a prestito da mandare per la spesa quotidiana, le bollette, le medicine, ecc. In sostanza, la ricerca mette in luce come dietro alle spesso decantate rimesse come fattore di sviluppo, si possa nascondere un fenomeno di sovraindebitamento della popolazione migrante.

Un’altra parte importante della ricerca è dedicata alla mappatura delle modalità più diffuse per ricorrere al prestito fra i migranti filippini in Italia (si veda la figura 2). Dalle interviste condotte, risulta che la maggior parte dei filippini indebitati ha contratto il proprio debito con società finanziarie. Se è vero quindi che è rilevante la proporzione di coloro che si rivolgono ad usurai (solitamente connazionali), oppure ad amici e datori di lavoro, sono decisamente le finanziarie a farla da padrone. Applicando tassi d’interesse al limite della soglia sanzionata come tasso d’usura, le finanziarie si fanno largo fra la clientela immigrata offrendo un servizio veloce, con minime richieste di garanzie e, soprattutto, puntando sulla loro “non bancabilità” presso le banche tradizionali. L’asprezza dei metodi con cui molte di queste finanziarie riscuotono i propri crediti sono fra le ragioni di sconforto piscologico di quelli che abbiamo chiamato i “fallen”.

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Di conseguenza, una possibile linea d’intervento per prevenire il sovraindebitamento fra gli immigrati è quella di facilitare il loro accesso a prestiti offerti in un contesto maggiormente tutelato. Al proposito va segnalato il successo del micro-credito e dei servizi di prestito per la clientela immigrata che stanno prendendo piede in Italia e che andrebbero maggiormente incentivati fra le stesse comunità migranti.