Segnaliamo un articolo di Stefano Molina, dirigente di ricerca presso la Fondazione Giovanni Agnelli di Torino, sul tema della cittadinanza ai figli di immigrati, pubblicato nei giorni scorsi dal sito Neodemos.
Periodicamente, si riaccende il dibattito nazionale sull’opportunità di rivedere le modalità di acquisizione della cittadinanza italiana per i figli degli immigrati. Cambia la scintilla – un discorso di Gianfranco Fini, un monito del Presidente Napolitano, un auspicio del neo-Ministro Kyenge – non cambia l’intonazione del dibattito conseguente, reso purtroppo sterile dall’incolmabile distanza ideologica che separa gli “aperturisti” dai sostenitori della chiusura ad oltranza.
Il rischio, come ha rilevato Giovanna Zincone in un suo recente intervento, è di “continuare anche in questa legislatura a lasciar marcire la questione della riforma della cittadinanza in cantina”. Da questa situazione di stallo non si esce senza comprendere le mosse, sbagliate, che hanno contribuito a determinarla. Tra queste vi sono banalmente tre confusioni semantiche, o se si preferisce tre errori diffusi di vocabolario, in grado di far degenerare qualsiasi riflessione pubblica sul tema.
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