Una presenza più strutturale, ma anche più fragile

Una presenza più strutturale, ma anche più fragile

Come cambia l’immigrazione in Piemonte.

Roberta Ricucci, FIERI, 26 luglio 2009

torino3luglioLo sguardo a livello locale offre sempre spunti utili per la lettura dei fenomeni che attraversano la società nel suo complesso, come quello dell’immigrazione. Una maggiore disponibilità di dati e risorse conoscitive, infatti, consente approfondimenti e analisi in misura più puntuale di quanto non possa avvenire guardando al solo livello nazionale [1]. Un esempio in tal senso ci viene dall’ultimo rapporto sull’immigrazione in Piemonte [2]. Il volume presenta a studiosi e operatori del settore una lettura della dinamica migratoria e delle sue trasformazioni a livello regionale, all’interno di uno scenario nazionale anch’esso in rapida evoluzione, come dimostrano la Relazione sul 2008 e lo studio sull’economia delle Regioni italiane nel 2008, recentemente pubblicati dalla Banca d’Italia.

Costi e benefici per il paese

Dedicando al fenomeno un’attenzione più ampia che in passato, la Banca d’Italia sottolinea il positivo impatto demografico dell’immigrazione, che grazie alla giovane età dei suoi protagonisti ed al più alto tasso di fecondità concorre a “ridurre gli squilibri demografici connessi con l’invecchiamento della popolazione” [3]. Sul versante del mercato del lavoro, viene evidenziato come i cittadini stranieri siano soprattutto inseriti in piccole imprese, a bassa produttività e orientate al commercio nazionale.

Entrambi gli studi ribadiscono come la maggiore offerta di lavoro derivante dalla presenza di immigrati non abbia avuto effetti negativi generalizzati sulle retribuzioni o sulle opportunità occupazionali degli italiani. I dati rilevano fenomeni di complementarietà tra i lavoratori stranieri e alcuni segmenti delle forze di lavoro italiane: i più istruiti e le donne. Per i primi, l’incremento dell’offerta per mansioni dequalificate da parte degli immigrati ha sostenuto la domanda di lavoro per funzioni ad elevata professionalità. Per le donne, grazie alla disponibilità di personale straniero che le sostituisce nei lavori di cura e di assistenza familiare, è stato possibile aumentare l’offerta di lavoro al di fuori dell’ambiente domestico. Altrettanto positiva sembra essere la dinamica che interessa il mercato del lavoro autonomo, dove si registra un aumento delle imprese individuali di cittadini stranieri, soprattutto nei settori a forte intensità di lavoro e bassa qualifica. Queste ultime caratteristiche potrebbero essere in parte dovute alle difficoltà di accesso al credito: elaborazioni della Banca d’Italia indicano come, a parità di condizioni, il costo del credito per l’imprenditore straniero sia superiore di 60 punti base a quello per gli omologhi italiani.

Occorre poi passare dal lavoro al mondo della scuola, per ragionare del futuro di una quota significativa della forza lavoro del sistema Italia. In entrambi gli studi, la Banca d’Italia si sofferma sulla componente straniera della popolazione scolastica, indicando le difficoltà che essa incontra (ritardi e abbandoni in misura maggiore rispetto agli italiani) e prevedendo come, in assenza di “meccanismi efficaci di integrazione” [4], tali criticità aumenteranno, incidendo negativamente sulla dotazione di capitale umano dell’Italia.

Particolarmente significativo, nell’ultima Relazione annuale, è il paragrafo dedicato al rapporto fra immigrati e finanza pubblica. Il saldo fra le entrate (gettito relativo alle imposte su redditi e consumi ed ai contributi sociali) derivanti dagli immigrati e le spese per istruzione, sanità, prestazioni pensionistiche e sostegno del reddito a loro dedicate è positivo. I cittadini stranieri, in altre parole, contribuiscono in misura maggiore alle entrate dello Stato rispetto alle spese a loro specificamente rivolte. Ciò in virtù di una più bassa spesa sanitaria e di minori erogazioni per prestazioni pensionistiche dovute alla più giovane età rispetto alla popolazione nazionale. Con il passare del tempo, e il procedere del ciclo migratorio, il bilancio diventerà necessariamente meno positivo, ma ad oggi, il dato di fondo è questo.

Quanto rilevato a livello nazionale si traduce nelle singole regioni in scenari complessi. Il rapporto annuale presentato dall’Osservatorio sull’Immigrazione dell’Ires Piemonte analizza e presenta il fenomeno nelle sue diverse sfaccettature: dalla distribuzione territoriale al lavoro, dalla scuola alla nascita delle nuove generazioni, dai richiedenti asilo alla tratta di esseri umani. Aspetti diversi che rispecchiano oltre trent’anni di immigrazione, in una regione dove processi di positiva coesione sociale si sviluppano, come ha ricordato Adriana Luciano [5], “grazie alla presenza preziosa di educatori, formatori, operatori dei servizi pubblici, mediatori culturali, volontari, il cui operato non trova delle politiche strutturate che accompagnino i processi di integrazione”.

Una presenza sempre più diffusa e stratificata

Quali i risultati dell’analisi della situazione piemontese? Innanzitutto, si tratta di un contesto in cui si registra una presenza diffusa (gli immigrati sono assenti in soli 22 comuni della regione) e consolidata dei cittadini stranieri, non più solo nelle aree di cosiddetto “primo approdo”, ma anche nelle zone più periferiche, dove gli immigrati trovano opportunità lavorative e abitative e, in qualche caso, contribuiscono al ripopolamento e alla rivitalizzazione di aree destinate al declino demografico. La percentuale di nati stranieri sul totale dei nati nella regione Piemonte registrati in anagrafe nel 2007 è stata pari al 16%, contro l’11,4% del dato nazionale. Si tratta di un contributo al ringiovanimento della popolazione nel suo complesso, che – sommato a quello dei ricongiungimenti di figli minorenni – si traduce in un’incidenza della componente minorile con cittadinanza non italiana pari al 10,4% del totale dei minorenni iscritti nelle anagrafi piemontesi.

Tali dati, insieme a quelli degli ingressi dall’estero e ai trasferimenti da altre regioni italiane, si traducono in 31.304 nuovi residenti stranieri in Piemonte nel 2008. Fra questi, l’attenzione di amministratori e operatori è sempre più rivolta alle nuove leve, sia le seconde generazioni in senso stretto, nate qui da genitori stranieri, sia quella generazione intermedia, che alcuni chiamano “generazione uno e mezzo”, costituita dai figli di immigrati, ricongiunti in giovane età. Un’attenzione giustificata soprattutto guardando ai dati dell’istruzione, secondo i quali nelle scuole piemontesi, nell’a.s. 2007/08, il 9,7% degli allievi non aveva la cittadinanza italiana (Nanni e Valetti, 2009). Si tratta ancora di una presenza concentrata nel primo ciclo di istruzione, ma in crescita anche nelle scuole secondarie di secondo grado, dove, ad oggi, si gioca la partita più difficile. Infatti negli istituti tecnici e professionali studiano insieme i neo-arrivati dall’estero, coloro che hanno alle spalle già qualche anno di scolarizzazione in Italia e vere e proprie seconde generazioni, con un curriculum d’istruzione tutto italiano. Rispondere in maniera efficace alle numerose e assai differenti esigenze di tale popolazione scolastica è difficile, ma fondamentale. Infatti, la scuola è l’istituzione alla quale è demandato il compito non solo della formazione, ma anche della socializzazione alle norme e ai valori della società italiana. A questa missione precipua della scuola si sommano le richieste delle famiglie straniere, che chiedono un insegnamento di qualità, capace di offrire ai figli opportunità di inserimenti qualificati. Richieste che non sempre trovano una risposta adeguata nella scuola italiana, ancora poco consapevole di come l’allievo “straniero” sia una componente strutturale della sua popolazione e non un fenomeno da affrontare con provvedimenti di emergenza, che ne rendono fragile il percorso formativo e l’acquisizione di competenze per il futuro inserimento lavorativo (Ricucci, 2009).

L’impatto differenziato della crisi

L’inserimento nel mercato del lavoro rappresenta un altro ambito che l’analisi a livello locale consente di articolare e studiare nelle sue diverse sfaccettature. In agricoltura, dove i lavoratori stranieri sono manodopera ricercata e ambita da parte delle aziende e dove “proseguono i processi, da tempo attivi, di sostituzione della manodopera italiana con manodopera straniera, che assorbe più della metà dei movimenti occupazionali: parliamo ovviamente di lavoro stagionale alle dipendenze, legato soprattutto alla raccolta della frutta e alla viticoltura, con un possibile effetto di emersione dovuto all’intensificarsi dei controlli e all’adozione di misure flessibili di assunzione per attività di carattere saltuario” (Durando, 2009: 14).

Nell’industria, lo straniero è ancora considerato come figura complementare, poco qualificata e subalterna, ma non per questo al riparo dalla scure del licenziamento (Di Monaco, 2009). Ed infatti in questo settore, soprattutto per quanto riguarda le imprese manifatturiere e delle costruzioni, si registrano le maggiori difficoltà occupazionali, in particolare della manodopera africana e dell’Est Europa. Si tratta dei due comparti dove la crisi economica incide maggiormente, determinando espulsioni dal mercato del lavoro e preoccupanti cadute nelle assunzioni, come indicano i dati relativi alla fine del 2008: “nell’ultimo trimestre dell’anno gli avviamenti al lavoro degli immigrati sono diminuiti del 14%, ma il tasso di decremento è arrivato al 35% nel settore secondario, con una punta negativa del 51% nel metalmeccanico, e ha segnato -22,4% tra gli uomini contro -5% per la componente femminile” (Durando, 2009: 21).

Infine i servizi, dove il comparto alberghiero, la ristorazione, l’assistenza e i servizi alle imprese e alle famiglie sono stati gli ambiti più dinamici nel 2008. In un settore eterogeneo come quello dei servizi, l’impatto della crisi si potrà cogliere solo nei prossimi mesi. Imprenditori, infermieri, badanti, etc.: per ognuna di queste categorie, si delineano andamenti occupazionali differenti secondo l’area di provenienza e del micro-contesto territoriale di inserimento[6].

I dati sul mercato del lavoro dipendente offrono spunti interessanti per iniziare a leggere gli effetti della recessione economica sui lavoratori di origine straniera. E’ utile ricordare in particolare tre elementi. Innanzitutto, l’esclusione di una quota significativa di lavoratori stranieri dall’accesso a tutte le forme di tutela della disoccupazione e di ammortizzatori sociali, con conseguenze da monitorare nel prossimo futuro sui componenti dei nuclei familiari, in particolare sulle fasce minorili. In secondo luogo, l’estensione dell’irregolarità, a cui la regolarizzazione in discussione pare destinata a fornire solo risposte parziali. Infine, la persistente concentrazione dei lavoratori immigrati nei lavori talvolta detti “delle 5P” (pesanti, pericolosi, penalizzati socialmente, poco pagati e precari) [7]. Tutti tratti che delineano un modello lontano da quello dell’economia della conoscenza, da cui gli immigrati oggi riescono con difficoltà a liberarsi (Di Monaco, 2009).

Note


[1] Da diversi anni, è possibile approfondire le dinamiche dell’immigrazione su base regionale e/o provinciale grazie ai lavori di ricerca realizzati dagli osservatori sull’immigrazione, il cui ruolo principale è quello di monitorare l’evoluzione della presenza straniera all’interno delle varie aree territoriali. L”elenco è disponibile a partire da questo sito.

[2] Rapporto 2008 sull”Immigrazione in Piemonte, reperibile a partire da questa pagina.

[3] L”analisi della Banca d”Italia sulle Economie delle regioni italiane nell”anno 2008 è reperibile a questo indirizzo

[4] Il Pdf del capitolo sull”immigrazione della Relazione annuale della Banca d”Italia è reperibile a questo indirizzo.

[5] Docente di sociologia del lavoro, Università degli Studi di Torino, Conferenza di presentazione del Terzo Rapporto sull’Immigrazione in Piemonte, Torino, 3 luglio 2009.

[6] Per un approfondimento su “immigrazione e imprenditorialità”, si veda il contributo sulla Provincia di Torino.

[7] Per tale definizione si rimanda ad Ambrosini, 2005.