FIERI e la CAMERA DI COMMERCIO DI TORINO presentano il seminario dal titolo “Zhejiang – Torino: L’imprenditoria cinese tra locale e globale”, che si terrà Mercoledì 29 giugno 2011 dalle 10.00 alle 12.30 presso il Centro Congressi Torino Incontra, Sala Einaudi in Via Nino Costa 8, Torino
Il seminario è l’occasione per presentare il quinto rapporto di ricerca realizzato dalla Camera di commercio di Torino e da FIERI – Forum Internazionale ed Europeo di Ricerche sull’Immigrazione – dal titolo “Diventare Laoban. Lavoro autonomo, percorsi imprenditoriali e progetti migratori dei cinesi in Italia e a Torino”.
L’intento, a partire dai risultati della ricerca, è dunque quello di avviare una riflessione pubblica, favorendo – attraverso l’adozione di rigorosi strumenti di indagine statistica e socio-antropologica – il superamento di luoghi comuni e pregiudizi e stimolando, al contrario, la conoscenza e il dialogo con una realtà imprenditoriale variegata ed eterogenea quale è quella cinese.
La partecipazione è gratuita, fino ad esaurimento dei posti e previa iscrizione presso la Segreteria Organizzativa, via fax (011 5714710) oppure via mail (studi@to.camcom.it)
Alto tasso di imprenditorialità e di occupazione, elevato volume di affari, cospicua presenza femminile, forti legami con la comunità e la famiglia, che assicura lavoro, formazione e prestiti: sono queste alcune caratteristiche dell’immigrazione cinese, che nella sola provincia di Torino conta oltre 1000 imprese individuali.
“Diventare Laoban” – parola che in cinese designa l’imprenditore – è il quinto rapporto di ricerca realizzato congiuntamente dalla Camera di commercio di Torino e da FIERI – Forum Internazionale ed Europeo di Ricerche sull’Immigrazione, che verrà presentato domani a Torino Incontra. Il titolo racchiude in sé il tema di questa nuova edizione: quello dell’intraprendenza e della profonda relazione che lega progetti imprenditoriali e migratori della comunità cinese che vive e lavora in provincia di Torino.
Come sottolineato da Guido Bolatto, Segretario Generale della Camera di commercio di Torino: “Dopo l’approfondimento sui mercati rionali, quest’anno osserviamo il fenomeno dell’immigrazione cinese, che si contraddistingue per un’altissima propensione all’imprenditorialità, al diventare “laoban”. In provincia di Torino sono circa un migliaio le imprese individuali cinesi, attive soprattutto nel tessile, nel commercio e nella ristorazione, con fatturati superiori a quelli delle altre comunità straniere”.
“Per la prima volta, a Torino – rileva Ferruccio Pastore, Direttore di FIERI – si rivolge specifica attenzione a questa importante galassia imprenditoriale. Delle imprese cinesi si parla molto, ma si sa in fondo poco; questa ricerca ci consente di andare al di là di una serie di stereotipi. Il nostro auspicio è che il seme della ricerca possa dare frutti concreti e che sulle basi di una migliore conoscenza reciproca si possa sviluppare una più fruttuosa collaborazione, anche sul piano imprenditoriale, tra collettività cinese e società locale”.
Analisi quantitativa
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I numeri dell’imprenditoria cinese in Italia
Le imprese individuali cinesi in Italia ammontano ad oltre 36.800 unità. Oltre la metà di queste sono localizzate in tre regioni: Toscana (22%), Lombardia (18%), Veneto (11%). Il Piemonte è l’ottava regione per numero di imprese individuali cinesi. Per quanto riguarda le province, oltre 4mila imprese individuali cinesi, pari all’11,5% del totale, sono localizzate nella provincia di Prato, 3.500 nella provincia di Milano (pari al 9,6% del totale), 3mila (l’8%) nella provincia di Firenze. Torino, con poco più di 1.000 ditte individuali localizzate nella sua provincia (1.087 imprese individuali in capo a imprenditori nati in Cina), si trova al sesto posto nella graduatoria provinciale, dopo Roma e Napoli dove sono localizzati rispettivamente il 6% e il 4% del totale degli imprenditori individuali cinesi.
In realtà quali Prato, Firenze, Milano, il peso dei cinesi sul totale degli imprenditori individuali attivi è rispettivamente pari al 25%, al 5,6% e al 3% e la comunità cinese conta per il 68%, 27% e 15,5% sul totale degli imprenditori individuali stranieri. A Torino, invece, i cinesi contano per meno dell’1% sul totale (0,84%) e il loro peso all’interno dell’imprenditoria individuale straniera non supera il 6%. Torino si trova quindi al di sotto della media nazionale, che registra un’incidenza degli imprenditori cinesi sul totale pari all’1% e un peso all’interno della componente straniera di oltre il 10%.
Caratteristiche dell’imprenditoria cinese
Genere Tra gli imprenditori individuali cinesi risulta in media una maggiore componente femminile rispetto allamedia degli imprenditori stranieri: gli imprenditori maschi sono infatti il 58% nel totale degli imprenditori cinesi, venti punti percentuali in meno della media degli stranieri (78%). A Firenze si registra il tasso più alto di mascolinizzazione (62%), a Napoli si ha il più basso con una quasi parità tra i due generi (maschi 53%, femmine 47%). Torino si colloca sotto la media nazionale, registrando quindi una maggiore presenza di imprenditrici cinesi (pari al 45%).
Età Gli imprenditori cinesi sono più giovani della media degli imprenditori stranieri. A Torino è particolarmente ridotta la componente più anziana: gli imprenditori over 50 contano per meno del 10% del totale, la metà rispetto a Firenze e Roma, province con più lunga tradizione di insediamento cinese.
Attività economiche La distribuzione per attività economiche ben illustra la conosciuta specializzazione degli imprenditori cinesi: le attività manifatturiere (nel settore tessile), il commercio e la ristorazione, assieme alla quasi totale assenza dal settore delle costruzioni. In questo settore, tuttavia, si distingue la peculiare situazione della provincia di Torino con l’importante presenza di imprenditori cinesi nel settore della lavorazione della pietra in Val Pellice.
In provincia di Torino
Torino conta 1.087 imprese individuali in capo a imprenditori nati in Cina, con un peso dello 0,84% sul totale delle imprese individuali torinesi; il loro peso all’interno dell’imprenditoria individuale straniera non supera il 6%.Sotto il profilo dell’inserimento economico, i cinesi costituiscono nella provincia di Torino il terzo gruppo di imprenditori stranieri, dopo Romania e Marocco. Mostrano un tasso di imprenditorialità (inteso come rapporto tra lavoratori autonomi e numero totale dei residenti di quella provenienza in età lavorativa) fra i più alti tra le maggiori comunità. Il volume d’affari complessivo di tutte le imprese con titolare cinese, pari a oltre 46 milioni di euro nel 2008, è secondo solo a quello della collettività romena, in cui però il numero di imprese è quattro volte maggiore.
Il fatturato medio degli imprenditori cinesi è tra i più elevati (oltre 63.000 euro), dopo gli egiziani e i tunisini: metà delle imprese riporta un fatturato sotto i 20mila euro, mentre un ulteriore 30% registra un fatturato oltre i 50mila euro. Si riscontra inoltre una bassissima propensione all’imprenditorialità svolta in associazione con stranieri di altre nazionalità: le imprese plurietniche, infatti, rappresentano soltanto il 2% del totale e prevalentemente sono costituite con imprenditori italiani.
Nel panorama torinese, la presenza femminile rappresenta quasi la metà della presenza imprenditoriale cinese, la cui età media è piuttosto giovane (38 anni). Quasi metà degli imprenditori cinesi opera nel settore commercio con una specializzazione nel settore dell’abbigliamento, sia al dettaglio che ambulante. Segue il settore della ristorazione, dove vi è una significativa presenza di imprenditrici donne. Le imprenditrici cinesi sono anche piuttosto presenti nel settore dei parrucchieri e dei trattamenti estetici, che rappresenta il 4% delle attività imprenditoriali cinesi.
L’80% delle attività cinesi sono localizzate a Torino (861 ditte individuali). Segue Settimo Torinese dove sono localizzate 31 imprese, Moncalieri (18 imprese), Collegno (15 attività) e Chivasso (13 imprese). All’interno del territorio del comune di Torino, tuttavia, la distribuzione delle attività non è omogenea e predilige la zona di Porta Palazzo, Barriera di Milano, San Paolo e San Salvario.
Analisi qualitativa
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Diventare laoban: migrare per intraprendere
Diventare “laoban”, come recita il titolo della ricerca, sta a indicare come la scelta migratoria dei cinesi si fondi fortemente sull’ambizione di intraprendere un percorso lavorativo autonomo, concepito comemezzo di un’ascesa sociale e personale, che passa attraverso il successo economico e l’affermazione imprenditoriale. La quasi totalità dei migranti cinesi presenti in Piemonte e a Torino proviene dall’area di Wenzhou, nella provincia dello Zhejiang. Questa zona è stata fin dagli anni Ottanta l’epicentro di un rapidissimo sviluppo economico basato proprio sull’imprenditoria a base famigliare. Il modello di promozione sociale basato sulla piccola impresa, che ha costituito il motore della crescita economica in madrepatria, ha sicuramente inciso e ancora incide sul forte orientamento al lavoro autonomo presso i cinesi in emigrazione.
Imprenditoria cinese: tratti peculiari o paradigmatici?
1. Auto-regolazione dei flussi
Il primo elemento di peculiarità è il carattere auto-regolativo dei flussi cinesi verso l’Europa e l’Italia. Secondo un recente rapporto del Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro (CNEL, 2010), la collettività cinese è tra quelle in cui processi di inserimento occupazionale sono più rapidi; essa infatti mostra tassi di occupazione superiori al 60% già a meno di tre anni dall’ingresso in Italia. In via di ipotesi, questa performance comparativamente buona si può spiegare, almeno in parte, con la stretta connessione tra catene migratorie e reti che presiedono all’inserimento lavorativo. La migrazione cinese, infatti, si alimenta e produce nuove partenze soprattutto nella misura in cui è in grado di sostenere questi arrivi, secondo una logica che si basa sulla disponibilità delle reti familiari allargate a finanziare la migrazione e garantire l’integrazione economica a destinazioneattraverso l’impiego dipendente presso attività di connazionali.
2. Il ruolo della famiglia
Appare centrale sia nel progetto migratorio, sia in quello imprenditoriale. È dentro la famiglia che si concerta e si finanzia la partenza e si attivano i legami con i membri o conoscenti all’estero, deputati alla prima ospitalità in Europa e all’inserimento lavorativo dei nuovi arrivati. Ma è sempre presso e grazie a questi network che si accede a una formazione on the job e si ottengono poi successivamente iprestiti necessari al salto imprenditoriale, obiettivo ideale di un percorso di successo e meta ultima (quella di “diventare laoban”, appunto) dello stesso progetto migratorio. Ed è ancora soprattutto nel bacino delle proprie reti che si reclutano i collaboratori e i dipendenti per la propria impresa. La fedeltà e il lavoro incondizionato di questi ultimi è garantito proprio dai legami di fratellanza e dalle relazioni incentrate sul guanxi (la reciprocità intra-comunitaria basata su rapporti di fiducia).
3. Transnazionalismo
Il legame primario e di riferimento delle reti dei cinesi all’estero è ovviamente con la madrepatria, con la quale vi è un forte incentivo a mantenere relazioni sociali e culturali ed economiche. Dalla ricerca emerge anche come il transnazionalismo della diaspora cinese abbia – dal punto di vista relazionale e spaziale – una fisionomia complessa. Esso non si fonda semplicemente su un sistema di relazioni dirette con la madrepatria, ma su un sistema di relazioni multilaterali, che collegano ciascuna collettività emigrata con la madrepatria e contemporaneamente anche con altri poli di insediamento della diaspora cinese, principalmente collocati in altri paesi europei o in Nord America. Queste reti transnazionali complesse, fondate soprattutto su network famigliari e comunitari estesi su più paesi, veicolano relazioni di natura sociale e culturale, ma si concretizzano anche in azioni di sostegno economico e finanziario. Il finanziamento delle imprese in Italia può così essere sponsorizzato da parenti e connazionali emigrati in altri paesi europei, sia in forma diretta, attraverso prestiti finalizzati all’apertura di imprese, sia attraverso le cerimonie famigliari (in primis i matrimoni), che mobilitano ingenti capitali in una logica di reciprocità.